Legge intramoenia andrebbe abrogata
"L'unica cosa seria da fare sarebbe assumersi la responsabilità di rimettere in discussione la legge sull'intramoenia, abrogandola. Ma nessun Governo e nessuna maggioranza l'ha fatto, con la beffa finale dei cinque anni di proroga". Così la senatrice del Pd Donatella Poretti, interviene commentando l'emendamento al decreto sul "contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali", che posticipa a fine 2012 la data entro cui gli ospedali e le aziende sanitarie sono obbligate a mettere a disposizione, all'interno delle loro strutture, spazi da destinare all'attività intramoenia dei medici.Emendamento approvato nei giorni scorsi al Senato. "Dal 1999 - ricorda Poretti - la legge sull'intramoenia non riesce a essere applicata. Risale al ministro Rosy Bindi e alla sua riforma sanitaria del '99 la possibilità, per i medici, di operare privatamente nelle strutture sanitarie pubbliche di appartenenza, percependo un onorario prestabilito. L'intenzione era evitare che i medici dirottassero i pazienti verso strutture private per garantirsi più lauti guadagni. La legge 120/2007 del ministro Livia Turco, che prorogava l'entrata in vigore a gennaio 2009, aveva cercato di porre paletti più precisi per i medici che operavano in intramoenia, predisponendo il monitoraggio dei tempi di attesa, la prevenzione dei conflitti di interesse, la riduzione dei tempi di erogazione delle prestazioni rese nell'ambito dell'attività istituzionale.
Questo per evitare che con l'allungamento delle liste di attese negli ospedali, i medici dirottassero i pazienti non più verso le strutture private, ma verso le loro prestazioni in intramoenia. Per il cittadino cambia poco dove avere quella prestazione, cambia molto invece se questa è garantita dal Sistema sanitario nazionale o se deve pagarla".
"L'ulteriore proroga - dice Poretti - servirebbe per consentire alle strutture pubbliche che non si siano attrezzate, di offrire la possibilità ai medici di esercitare la libera professione in spazi messi a disposizione dal sistema sanitario nazionale. Il condizionale è d'obbligo, perché in realtà la proroga si rinnova periodicamente ogni volta che ci si riavvicina l'entrata in vigore di una legge che già sul piano dei principi è discutibile, ma che sul piano pratico è evidentemente impossibile da applicare.
E' ben strano, infatti, un Paese in cui il privato si avvale del pubblico per poter operare e non viceversa, secondo quanto consiglierebbe il principio di sussidiarietà. E ancora più strano è che la sanità pubblica per poter vantare tra le sue fila professionisti di valore, invece di garantirgli remunerazioni dignitose, è costretta a offrire la possibilità di esercitare la libera professione in locali pubblici. Nulla di nuovo in un Paese in cui il privato e la libera iniziativa sono tali solo se in qualche modo sussidiate dal pubblico. E la sanità ne è esempio eclatante: quante cliniche e quanti laboratori privati esistono e sopravvivono grazie alle commesse dello Stato?".
Pagina pubblicata il 11 novembre 2008