Donne e lavoro: una risorsa per il welfare di tutti
Ripartire dalle donne. Questo lo slogan bipartisan, con cui tutti gli schieramenti partitici ed i politici più svezzati sono ormai concordi da qualche anno.
Ciò che li divide, lo sappiamo, è capire come e cosa possa funzionare di più. Qualche buona idea ed un ricco dibattito è venuta oggi dall'affollato convegno "In pensione quando, al lavoro come?" promosso dai Radicali italiani di Senato e Camera ed introdotto alla sala Bologna del Senato, da Emma Bonino (vicepresidente del Senato) e da Antonella Casu (segretaria di Radicali italiani).
La prima è che occorre fare chiarezza ed informazione sullo scenario effettivo di crisi economica e su ciò che, in particolare, aspetta le donne. La seconda è, che potrebbe non essere sufficiente ripartire dalla proposta secca e chiara dei Radicali, di ripristinare la pari età pensionabile tra uomini e donne, dipendenti pubblici, per riequilibrare il livello retributivo finale del lavoro, per restituire potere di acquisto, per incrementare il pil.
Il cuore della proposta, lo spunto del convegno, è stato anche quello di recepire la recente sentenza della Corte Suprema di Giustizia Europea, che chiede omogeneità, quindi pari trattamento, nel sistema pensionistico tra uomini e donne.
La Corte, che si è pronunciata a partire da una istanza del 2004, di un funzionario, dipendente pubblico, ha respinto la difesa e le motivazioni dell'Italia, dichiarando che la fissazione per andare in pensione ad un' età diversa in base al sesso, ha violato l'art. 141 della Corte stessa.
Pertanto, la Repubblica italiana è stata condannata a pagare le spese processuali, ma potrebbe aver giovato per ridare slancio ad un dibattito pubblico, che rischiava di restare un tabù, quello dell'età pensionabile. Non c'è una indicazione specifica sull'età nella citata sentenza, ma in Italia l'emancipazione femminile sul lavoro ha in realtà prodotto una disparità: l'età per le donne è anticipata rispetto a quella degli uomini.
Recepire la direttiva europea su questo, che è una indicazione, non implica sanzioni e lascia ai singoli stati membro le modalità. Tuttavia, 'La direttiva europea va letta con attenzione.
E' infatti il frutto di molti anni di battaglie contro le discriminazioni che le donne vivono soprattutto nel nostro Paese, dove regna la cultura familistica, seconda la quale è più utile una donna a casa che al lavoro', ha messo in guardia la sindacalista CGIL, Valeria Fedeli. Ecco perché, per recepire quella direttiva, occorre rispondere che dentro alla crisi attuale, noi affrontiamo una trasformazione.
'Questa crisi non è uguale alle altre, ecco perché le modalità sono importanti'. La sindacalista della Cgil, Valeria Fedeli, ha, inoltre, ricordato che le prime discriminazioni da affrontare sono nel lavoro femminile, ma non partirebbe dall'età pensionabile, quanto dagli ammortizzatori sociali. 'Estendiamoli a tutte le figure professionali per sostenere il futuro, perché le misure in atto non sono sufficienti'.
Fino a qualche anno fa si diceva che raggiungere gli obiettivi di Lisbona, senza due redditi in famiglia non sarebbe stato possibile e che il lavoro femminile avrebbe permesso di incentivare dell'1% il pil nell'arco di un anno. Eppure, continua Valeria Fedeli, occorre rileggere lo scenario. 'Dai luoghi di lavoro vengono cacciate le donne, perché se arrivi a 60 anni e non hai maturato i contributi, nessuno ti permette di raggiungerli'.
Ma uscendo dai luoghi di lavoro, nel grand'angolo c'è anche altro. La società deve crescere culturalmente ed anche il richiamo alle politiche di conciliazione tra i tempi del lavoro femminile e quelli del lavoro maschile va superato. Non è più attuale pensare i servizi (asili nido, scuole) solo in funzione delle donne, ma della società tutta. La responsabilità va condivisa in ogni aspetto, si parla oggi di cooperazione tra i sessi.
'Diamoci una mappatura delle priorità. Se partiamo dall'età pensionabile, facciamo un errore di impianto. E' auspicabile una discussione a Camera e Senato con donne ed uomini.. Se passano parole sbagliate nella comunicazione, facciamo un danno.
Non facciamo derivare il lavoro delle donne da quello degli uomini, auspica la sindacalista.' Renata Polverini, dell' UGL condivide molte delle cose dette e sottolinea che 'Non si può lavorare di fantasia in un Paese che ha una crisi strutturale.
L'Europa ci richiama alla parità in campo pensionistico, ma ci aveva dato già indicazioni per raggiungere gli obiettivi di Lisbona (flessibilizzare il lavoro; rimodulare o riscrivere un sistema di welfare con ammortizzatori sociali), tuttavia occorrono risorse'.
Oggi, la flessibilità del lavoro, un tempo risorsa per lo sviluppo, si è trasformata in precariato. Che fare, dunque, rispetto a questa nuova sentenza della Corte Europea' 'Non è un tabù per me aumentare l'età pensionabili delle donne, ma occorre stabilire che sia riconosciuta una diversità che lo Stato deve valorizzare.
La donna dà un contributo diverso. Guardiamo l'età alla fine. Cominciamo a riconoscere alle donne che fanno figli, un bonus previdenziale. Diamo loro la possibilità di scegliere.' L'altra battaglia, per Renata Polverini, è la maternità.
'Questa è una questione di tutti. Cerchiamo di farne una battaglia di tutti, almeno in termini fiscali. Non lasciamola esclusiva materia delle donne.' Possibili soluzioni? Far scegliere alle donne cosa fare nella propria vita, potrebbe essere una buona idea.
Oltre alla defiscalizzazione e al ragionamento sullo strumento del 'quoziente familiare', ragionato anche in un intervento di Pietro Ichino, senatore PD, la sindacalista UGL non ha dubbi: 'Il libro verde del ministro Maurizio Sacconi e del Governo, per le donne è lasciato totalmente bianco.'
Lavoro e diritti
Pagina pubblicata il 09 dicembre 2008