Allattamento: umanizzare il biberon
E' importante seguire quei consigli che consentono di evitare la sterilizzazione del biberon: nel clima di inevitabile innaturalità creato dall'allattamento col latte artificiale, è necessario umanizzare e "demedicalizzare" quanto più possibile le procedure.
Le industrie per l'infanzia si preoccupano di "adattare" il latte perché la differenza con quello che esce dal seno materno sia minima con ottimi risultati.
Altrettanto importante e preoccuparsi di adattare il "modo" di somministrare questo latte ai bisogni relazionali del bambino, in modo che nutrirlo al biberon assomigli sempre meno a una "terapia medica", evitando di trasformare le madri in infermiere, circondate da sterilizzatori, termometri, pinze prenditutto, polveri, misurini, dosi, orari, grammature.
Nell'allattamento artificiale, per quanto il latte esca da una tettarella e non dal seno, è necessario e possibile far rivivere al bambino quell'intensità di scambi e comunicazione che si ha quando, a ogni poppata, è accolto nella nicchia dell'abbraccio di chi Io nutre (madre, padre o altri che siano), facendogli provare il contatto con la pelle (così importante soprattutto in epoca neonatale), proponendogli calore, intimità, ecc.
Oggi ormai sono risolti i grandi problemi biologici dell'uso dei latti artificiali e il vero rischio non è tanto quello della carenza di alcuni elementi tipici del latte materno, quanto piuttosto quello di non offrire col cibo anche tutto l'indispensabile bagaglio di messaggi e di relazioni che rendono veramente "completo" il nutrimento in queste epoche della vita.
In altri termini: tanto più si cura la ricostruzione di tutti gli aspetti (nutrizionali, ma anche emotivi, relazionali, fisici) dell'allattamento naturale, tanto meno l'artificialità di usare latte di mucca adattato risulta per il bambino uno «svantaggio».
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Pagina aggiornata il 9 maggio 2006