Resistenza all'insulina: il salasso alla riscossa
Una ricerca recentemente pubblicata sull'American Journal of Gastroenterology, coordinata dalla prof.ssa Silvia Fargion (direttore dell'Unità di Medicina interna 1B della Fondazione Ospedale Maggiore), cui hanno partecipato ricercatori della stessa Fondazione e della Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Milano, dimostra che un'antica terapia come il salasso potrebbe rivelarsi un'arma vincente per sconfiggere la resistenza all'insulina.
Responsabile di alcune delle malattie più diffuse del ventunesimo secolo, quali le malattie cardiovascolari secondarie da aterosclerosi e il diabete, alla cui base vi è, appunto, insulino resistenza, cioè la necessità di produrre più insulina per mantenere la glicemia ai valori normali.
Si tratta di patologie pesantemente influenzate dalle nostre abitudini alimentari e da uno stile di vita sedentario, che possono portare alla formazione di fegato grasso, detto anche steatosico, espressione propria di danno epatico in presenza di alterazioni del metabolismo.
Mentre numerosi farmaci sono oggetto di studio per la loro attività insulino sensibilizzante, taluni già impiegati nella terapia del diabete, lo studio italiano diretto da Silvia Fargion, che ha coinvolto 128 pazienti seguiti per un anno, dimostra come la semplice rimozione dell'eccesso di ferro dall'organismo mediante prelievo di sangue, in altre parole con il salasso, in media 6-8 per paziente, sia in grado di ridurre l'insulino resistenza migliorando gli effetti del corretto apporto dietetico e dell'aumento dell'attività fisica, considerati fino ad oggi il gold standard per la terapia della steatosi epatica.
"Visto che in Italia si può stimare che una persona su cinque ha steatosi epatica, spesso associata ad aumento del ferro - ha commentato la prof.ssa Fargion - questa "antica" terapia potrebbe avere un enorme impatto sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Questo potrebbe avere una doppia finalità , offrendo anche una maggiore disponibilità di sangue per le trasfusioni".
Pagina pubblicata il 03 maggio 2007