10% dei parti ad alto rischio

In Italia non sempre la nascita è sicura: esistono infatti strutture di serie A e altre di serie B che non garantiscono la buona riuscita del parto. "Molti centri sono inadeguati e il 10% dei parti è ad altissimo rischio per la mamma o per il bambino".

E' l'allarme lanciato ieri da Massimo Moscarini, presidente del I Congresso della Federazione italiana di ostetricia e ginecologia (Fiog), che durante la presentazione del Congresso, al via da oggi a Roma, ha puntato il dito contro quelle strutture impreparate all'evento.

"C'è una grande differenza - spiega Moscarini, che è anche presidente dell'Associazione ginecologi universitari italiani (Agui) - fra una donna che partorisce in una struttura dove si fanno 200-300 parti l'anno, o anche meno, e una che invece può contare su una struttura che assiste più di 1.500 future mamme ogni anno".

Secondo l'esperto, è un problema di formazione degli operatori: nelle grandi strutture è più facile trovare professionalità in grado di affrontare le emergenze che possono verificarsi durante il parto. "Nell'80% dei casi non c'è alcun problema - prosegue Moscarini - mentre il 10% è ad altissimo rischio, e l'altro 10% è ad alto rischio".

Nei centri dove si nasce meno, inoltre, spesso è proprio la struttura a essere inadeguata "perché manca il terzo livello neonatologico - osserva l'esperto - fondamentale perchè permette con la rianimazione un'assistenza idonea e tempestiva a un bebè che soffre di una patologia particolare".

In Italia ci sono però diverse realtà. Nel Nord del Paese, ad esempio, le strutture sono sicuramente più adeguate che nel Meridione. "Bisognerebbe poter scegliere l'ospedale dove nascere - ironizza Claudio Donadio, primario di Ostetricia e ginecologia, direttore del Dipartimento per la tutela della salute della donna e del bambino all'ospedale San Camillo Forlanini di Roma - visto che in Italia ci sono strutture all'avanguardia e altre di retroguardia.

Quelle di terzo livello, organizzate meglio, sono in grande maggioranza al Nord e al Centro. Meno al Sud". L'esperto non boccia però tutte le strutture meridionali. "Non mancano ospedali eccellenti - avverte - ma in maggioranza i centri sono tutti di primo e secondo livello".

Donadio richiama l'attenzione delle Istituzioni, "che nel Piano sanitario avevano puntato molto sulle malattie tumorali, su quelle cardiache e sulla tutela materno-infantile. Eppure - conclude amaramente - quest'ultimo punto è rimasto molto sbiadito. I finanziamenti poi sono rimasti nel cassetto".


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Pagina pubblicata il 04 novembre 2008

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