Genetica: nuove scoperte sulla psoriasi
Anche se la psoriasi non può essere considerata una malattia genetica nell'accezione classica del termine, bensì una malattia multifattoriale, esiste una familiarità conosciuta da tempo.
La predisposizione genetica infatti non coincide con la certezza di ammalarsi, ma indica un rischio 10 volte superiore, rispetto alla popolazione generale.
Nonostante la complessità della componente genetica e le conseguenti difficoltà sperimentali, nell'ultimo decennio la ricerca sulla psoriasi ha ottenuto risultati importanti grazie alla disponibilità di tecnologie e di sistemi informatici sempre più sofisticati.
Gli sforzi dei ricercatori mirano a restringere le regioni cromosomiche responsabili della psoriasi: i possibili geni responsabili si trovano infatti sui cromosomi 6, 7, 1, 3, 4, 19.
Nell'ultimo incontro internazionale dei principali gruppi di ricercatori, svoltosi a Nizza nell'aprile 2002, sono emerse forti evidenze sperimentali che il gene incriminato sul cromosoma 6, il più intensamente studiato, sia HLA-C, un gene responsabile della risposta immunitaria.
I ricercatori tuttavia sono convinti che la predisposizione genetica alla psoriasi non dipenda da un solo gene, ma dall'interazione di più geni.
Si rafforza l'idea che vi siano regioni cromosomiche di suscettibilità, ovvero regioni all'interno delle quali ricercare il gene di interesse, che abbiano un effetto più forte e altre che ne abbiano uno minore; l'interazione tra questi geni determina, nel soggetto, la vulnerabilità alla malattia.
Infatti, da una ricerca effettuata presso il laboratorio di Genetica Medica dell'Università di Tor Vergata di Roma è stato possibile identificare una regione di suscettibilità sul cromosoma 1 ed attualmente si sta cercando di identificare il gene responsabile.
L'identificazione dei geni responsabili della suscettibilità garantirebbe una migliore comprensione della patogenesi della malattia e, di conseguenza, si potrebbe disporre di nuovi bersagli contro i quali sviluppare farmaci e terapie più efficaci.
Occorre tenere presente che i successi nello studio di questa patologia presuppongono un'attiva collaborazione tra i ricercatori di base, i ricercatori clinici e le associazioni dei malati, data la difficoltà nell'effettuare una rigorosa selezione del campione ed un'accurata anamnesi dei pazienti, che possono realizzarsi, soprattutto, con una consapevole disponibilità delle famiglie.
Piera Volpati – Ministerosalute.it
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Pagina aggiornata il 11/11/2006