Tumori: dalle microonde agli ultrasuoni, l’oncologia che li brucia
Aghi con radiofrequenza, potenza delle microonde, ultrasuoni e laser che sfiorano la pelle, la possibilità di “cuocere un tumore”: la cura del cancro ha una nuova frontiera.
Si tratta dell’oncologia interventistica, tenuta a battesimo nel 2006, durante la prima conferenza mondiale su questa nuova branca della medicina, sulla quale a Cernobbio, nel corso dell’Intervention Oncology Sans Frontiéres Congress, si sono discussi risultati e prospettive.
E’ una branca della medicina relativamente giovane che ebbe inizio circa trenta anni fa e che, dopo una lunga fase di sperimentazione è arrivata a far parte della pratica clinica una diecina di anni fa.
Secondo gli esperti è un settore della medicina non solo in forte sviluppo ma è soprattutto una area con una grande potenzialità.
Tutto è cominciato con l’alcoolizzazione realizzata con microinfiltrazioni di alcool degli adenomi delle paratiroidi e di carcinomi del fegato conseguenti a cirrosi.
I risultati, però, non furono pienamente soddisfacenti poiché come dice Luigi Solbiati “sui piccoli epatocarcinomi funziona perché il tumore ha una capsula che trattiene l'alcool al suo interno”, ma negli altri tumori non era efficace.
Cosi seguendo sempre il principio di portare un killer dentro il tumore affinché lo uccidesse senza toccate i tessuti sani, si passò all’inserimento nella massa tumorale di una sonda elettrodo che emettesse un calore molto elevato in grado di “cuocere” il tumore stesso.
Da lesioni minime, oggi si è passato a trattare anche masse di 4 o 5 centimetri e la termoablazione, questo è il suo nome ufficiale, è oggi parte di molte linee guida sul trattamento dei tumori.
La prossima frontiera sarà certamente l’utilizzo di apparecchiature a "microonde", più potenti e rapide rispetto alla radiofrequenza, di apparecchi di crioterapia, indicata nella terapia antalgica dei tumori ossei.
Non mancano poi i generatori di ultrasuoni focalizzati ad alta intensità che vengono guidati entro il corpo umano mediante risonanza magnetica.
Nel corso del Congresso si è parlato anche di come far crescere e sviluppare i centri in cui possono essere offerti ai pazienti questi metodi per combattere il tumore.
Franco Orsi, direttore dell'Unità di Radiologia Interventistica dell'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, nel suo intervento ha detto che questa branca della medicina richiede costanti investimenti per cui “ha senso concentrare gli sforzi solo su alcuni centri di riferimento”.
Ha poi aggiunto che è necessario lavorare in gruppo congiunto tra il chirurgo, l’oncologo ed il radiologo interventista .
Oggi purtroppo giungono da noi pazienti che non hanno più aspettative di cura o altre possibili opzioni di trattamento.
Orsi ha inoltre osservato che “In molti casi dovremmo poter tentare prima la strada dell'oncologia interventistica, e solo quando questa non dovesse bastare, passare alla chirurgia, invece dell’inverso”, e lavorare affinché si diffonda la consapevolezza che, a volte, si può intervenire anche in questo modo con efficacia.
di Antonio Luzi
Pubblicato il 6/6/2013
