Digiunare a "intermittenza" contro le malattie degenerative del cervello

Il digiuno, ovviamente moderato e controllato con intervalli di tempo regolari, potrebbe essere un aiuto per combattere le malattie degenerative del cervello.

La notizia arriva dal National Institute on Ageing di Baltimora i cui ricercatori, nel corso dell'incontro annuale dell'Associazione Americana per l'Avanzamento della Scienza (Aaas) svoltosi a Vancouver, hanno rivelato i risultati dei loro studi.

Gli scienziati hanno infatti raccontato di essere in possesso della prova scientifica che conferma come l'astensione totale  dal cibo, per uno o due giorni a settimana, possa essere un valido aiuto per contrastare o ritardare l'insorgenza di una serie di disturbi e, tra questi, alcune patologie importanti come il Parkinson e l'Alzheimer.

Secondo Mark Mattson, uno dei coordinatori dello studio, "Ridurre l'apporto calorico potrebbe aiutare il cervello". Però, mette in guardia Mattson, ridurre in modo drastico e continuativo l'assunzione di cibo "non è detto sia il metodo migliore per innescare questa protezione".

Quindi, ed è questa la soluzione che il responsabile dell'Istituto di neuroscienze individua, sarebbe preferibile digiunare a periodi intermittenti, in cui si mangia quasi nulla, e quindi avere periodi in cui si mangia quanto si vuole''.

Secondo Mattson ridurre per due giorni  settimana l'assunzione di circa 500 calorie (verdure e bevande non caloriche) ha prodotto nella loro ricerca evidenti effetti benefici.

Sono molti gli studi che hanno ormai convinto gli esperti sul fatto che mangiare meno allunga la vita. Esperimenti sui topi, ad esempio, hanno dimostrato che un'alimentazione ridotta ha allungato la longevità del 40% .

Così Mattson si è spinto oltre queste evidenze allargando le sue considerazioni anche sugli umani. E' arrivato così alla conclusione che il digiuno regolare e limitato nel tempo può rallentare la progressione o l'insorgenza di alcune malattie degenerative del cervello.

Gli esperimenti su animali hanno dimostrato l'esistenza di una correlazione tra la crescita dei neuroni e la quantità calorica introdotta nell'organismo.

Ora sono necessari altri studi che confermino le evidenze rilevate da Mattson e i suoi collaboratori. E se l'influenza dell'apporto energetico sul cervello dovesse trovare conferma, lo scienziato ha spiegato che le funzioni cerebrali potrebbero essere "ottimizzate" con periodi di "restrizione energetica intermittente".

Quindi, in sintesi, la notizia è interessante ma deve essere confermata da altri studi. Per cui, come sempre in questi casi, è bene non intraprendere iniziative "fai da te", ma eventualmente chiedere ad un medico esperto.

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