Ho abortito e lo racconto per uscire dalla solitudine

L'aborto può essere un'esperienza molto solitaria – e questo è il motivo per cui parlo apertamente del mio. Di Britany Robinson

Quando ho abortito non ero sola, oggettivamente. C'era un medico ai piedi del letto. Un' infermieraera vicino alla mia testa. Mi ha offerto di tenermi la mano, ma io ho conficcato le unghie nel palmo delle mie mani, sperando che quel dolore potesse distrarmi da un altro tipo di dolore. Non ero sola, ma per molti versi lo ero.

Un'ora più tardi, sono tornata in sala d'attesa. Il mio non-proprio-fidanzato aveva il mento chino contro il petto. Gli ho dato un colpetto sulla spalla e mi sono avviata verso la porta. "Andiamo", ho detto.

Ho provato a far scivolare il mio braccio attorno al suo mentre attraversavamo il parcheggio in quella fredda mattina di Chicago, ma lui era rigido e non rispondeva. Ho ritirato indietro il braccio e ho stretto invece i gomiti contro il corpo.

Non saprò mai cosa gli passasse per la mente in quei momenti, che sono ancora così vividi per me: la mattina in cui gli ho detto con voce strozzata le parole: "Sono incinta" al telefono; il giorno in cui gli ho mostrato un Post-it, dove un' infermiera aveva scritto una data di scadenza che ho cercato di dimenticare; quella notte abbiamo bevuto troppo vino, perché non importava che bevessi troppo – tanto il bambino non l'avrei tenuto (e invece mi sentivo in colpa e ho pianto).

Sono sicura che non è stato facile neanche per lui. Ma la sua esperienza è sua, e la mia è mia, e le nostre esperienze hanno preso strade separate poco tempo dopo aver attraversato quel parcheggio al freddo.

L'ottantatré per cento delle donne che abortiscono non sono sposate. Il che ha un senso. Immagino che permoltedonne singlela prospettiva di avere un bambino sia più scoraggiante rispetto a quelle sposate.

Ma a prescindere dallo stato civile di una donna, l'aborto può essere un'esperienza molto solitaria. Sebbene ci vogliano due persone perdare inizio a una gravidanza, solo una ne sentirà gli effetti fisici. Solo una delle due persone può, in ultima analisi, prendere la decisione di come gestire ciò che sta accadendo con il suo corpo. Per fortuna, abbiamo ancora la possibilità di fare una scelta, nonostante quanti cerchino di togliercela.

Lo stigma che circonda l'aborto isola ulteriormente quelle di noi che sono già passate attraverso questa esperienza. Non è qualcosa di cui dovremmo parlare. Ci affliggiamo in silenzio. Oppure non lo facciamo. Ma non osiamo dire a nessuno che non abbiamo provato afflizione. Ci si aspetta che sia unadecisione tormentata, anche se per molte è una scelta scontata. E mentre io mi sentivo ansiosa e triste nel fare la mia scelta, so che questo non vale per tutte.

Non ho parlato con molte persone del mio aborto, e sono ancora meno quelle con cui hoparlato del tumulto emotivo che vivevo attorno a quell'esperienza.

Con l'uomo che mi ha messa incinta siamo stati insieme circa otto mesi. Durante quel periodo, ho pensato che fosseun uomo passionale. Ripensandoci, manipolatore è il termine appropriato. Ci sono stati insulti e accuse che non dovrebbero essere pronunciati da qualcuno che dice di amarti. Faceva illazioni infondate su di me e altripresunti uomini, e in questo modo mi ha spesso indotta a scusarmi per cose mai accadute. Il suo temperamento geloso probabilmente derivava dalla sua intima consapevolezza di come sia facile mentire. Infatti,per tutto quel tempo, lui stava con un'altra.

Circa una settimana dopo la passeggiata al freddo attraverso il parcheggio dell'ospedale, ha lasciato il suo telefonino in bella vista nel mio appartamento e lo schermo si è illuminato mentre scorrevo i suoi messaggi: "Ti amo"; "Torno a casa presto, amore"; e "Cosa preparo per cena?" Un rapporto apparentemente felice prendeva forma tra lavoro, pasti e attività quotidiane. E io mi vedevo come un incastro occasionale tra i "Dove sei?" e "Torna a casa." Ma per il resto, la loro vita insieme sembrava incredibilmente completa.

Mi vergognavo di non aver visto prima la verità, e diaver lasciato che lui mi controllasse,sfruttando le mie insicurezze, per così tanto tempo. E'stato terribileperdere all'improvviso l'unica persona che era stata lì durante la decisione di porre terminealla mia gravidanza, la nostra gravidanza. Una parte di me voleva richiudere il telefonino e far finta di non sapere nulla.

Quando l'ho affrontato e ho messo fine al nostro rapporto,il sollievo è diventato l'emozione dominante. Avevo preso la decisione giusta. Ed ero libera da un futuro che mi spaventava ancora di più dell'essere sola.

Ho iniziato a condividere la mia esperienza tenendo un diario, tra le lacrime, e con le mani che mi tremavano. E poi ho continuato a scrivere, in un crescendo di chiarezza e di auto-perdono. La scrittura è diventata la mia terapia. A un certo punto mi sono resa conto di colpo che altre donne probabilmente avevano un disperato bisogno di condividere le loro storie, così come avevo fatto io. Ho cominciato a parlare del mio aborto con le amiche, e ho scoperto sempre più donne che avevano anche loro storie da condividere. E anche quelle che non ne avevano, erano comunque aperte e solidali nell'ascoltare la mia storia.

Erano storie complicate da raccontare, ma non così complicate da ascoltare.

La campagna #ShoutYourAbortion ha intercettato questo desiderio di condividere le nostre storie. Attraverso l'hashtag e dei manifesti scaricabili, le donne reclamano di poterne parlare, rifiutandosi di tacere sulla loro decisione di porre termine auna gravidanza.

Queste storie possono avere una grande influenza,anche dal punto di vista legale. Nella recente decisione della Corte Suprema, che ha bocciato le restrizioni al diritto di aborto che erano state introdotte in Texas, hanno giocato un ruolo i memoriali presentati da 200 donne, con tanto di nomi, che descrivevano le loro esperienze di aborto.

In definitiva sono guarita da sola, senza l'aiuto di un partner. Ascoltare le storie di altre donne mi ha aiutatoa capire,nel corso degli anni,che ero abbastanza forte per superare quell'esperienza senza di lui. Spero che la mia storia serva allo stesso scopo per qualche altra donna. Spero che sappia che ha abbastanza forza in se stessa - e che non è sola.

Fonte: Washington Post

Traduzione di Benedetta Mattei

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13 settembre 2016

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