Abbiamo bisogno di leggi sull'Aborto basate sull'evidenza scientifica
Saranno 16 anni il prossimo mese, da quando il Food and Drug Administration approvò la prima pillola abortiva, ed oggi l'aborto farmacologico rappresenta circa un quarto delle interruzioni di gravidanza effettuate in regime non ospedaliero negli Stati Uniti.
Non solo è sicuro ed efficace, ma per donne che vivono per l'89% in province americane in cui manca del tutto un riferimento per le interruzioni di gravidanza, rappresenta spesso l'unica scelta praticabile.
Non ci sorprende il fatto che atti legislativi dello Stato tendenti ad eliminare l'accesso all'aborto hanno preso di mira il ricorso all'aborto farmacologico, emanando numerose nuove leggi con la dichiarata intenzione di salvaguardare la salute e la sicurezza delle donne.
Ma in un articolo di cui sono coautore sui risultati di una ricerca, pubblicato martedì sul giornale online PLOS Medicine, i miei colleghi ed io abbiamo scoperto che tali leggi sono non solo una copertura per limitare l'accesso all'aborto, ma possono in realtà danneggiare la salute delle donne. Queste leggi includono limitazioni sul tipo di operatore sanitario che può fornire le pillole alla donna; la proibizione di prescrivere la pillola a distanza (attraverso la telemedicina), il divieto dell'autosomministrazione a domicilio. E ci aspettiamo anche ulteriori leggi mirate all'aborto farmacologico, ora che la Suprema Corte ha impedito agli Stati di usare la salute delle donne quale base per restringere l'accesso all'interruzione di gravidanza.
Nell'Ohio, che ha rappresentato il centro della nostra ricerca, una legge del 2011 richiedeva obbligatoriamente agli operatori delegati all'aborto l'utilizzo della terapia farmacologica approvata dal Food and Drug Administration basata sull'assunzione delle due sostanze (Mifepristone e Misoprostol). Ai sensi della legge, le donne erano obbligate ad effettuare due visite presso due studi medici per prendere entrambi i farmaci. Da un certo punto di vista, leggi come quella dell'Ohio sembrerebbero abbastanza di buon senso – perché mai i dottori non dovrebbero seguire le linee guida federali? Perché quelle linee guida possono essere gravemente antiquate. Le linee guida del FDA forniscono un'istantanea della situazione attuale.
La ricerca clinica va avanti, buone pratiche si vanno implementando costantemente. L' FDA non riesce a stare al passo, e quando una casa farmaceutica chiede che l'agenzia aggiorni le sue linee guida, deve sottoporsi a delle complesse e costose richieste. Fortunatamente, esiste una scorciatoia legale: i medici possono e a volte fanno prescrizioni "off-label" (**), ad esempio per utilizzi e posologia diverse dalle raccomandazioni dell'FDA. Uno studio del 2006 valuta che il 21% di tutte le prescrizioni sono "off-label".
L'aborto farmacologico è estremamente sicuro, con meno dello 0,33% di casi di gravi effetti collaterali. Da quando nel 2011 l'Ohio ha promulgato la sua legge, i medici hanno accumulato un gran numero di ricerche sulle modalità di dosaggio, di regolazione e di gestione dei farmaci usati nell'aborto farmacologico, che fossero più efficaci delle linee guida del FDA. Una ampia maggioranza di operatori sanitari in Ohio e nel resto del paese hanno usato uno schema posologico basato sulle ultime pubblicazioni della letteratura scientifica, non ancora però approvate dal FDA.
Questo schema di trattamento venne raccomandato dall'American College of Obstetricians and Gynecologists e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Le linee guida invece sono rimaste com'erano, perché c'era scarso interesse per la piccola casa farmaceutica che distribuiva il Mifepristone (il primo farmaco usato nell'aborto farmacologico) per avanzare un'istanza di aggiornamento delle stesse linee guida.
Non solo la legge è sbagliata, determina anche un peggioramento degli esiti sulla salute delle donne. Abbiamo esaminato le cartelle cliniche di quasi tremila pazienti di quattro cliniche dove si pratica l'aborto farmacologico, prima e dopo la legge. Dopo la legge, la percentuale delle pazienti che richiedono ulteriori trattamenti medici si è innalzata dal 5 al 14%, compresa in alcuni casi la necessità di un ricovero per completare l'interruzione di gravidanza, che è proprio quello che le donne stavano cercando di evitare optando in primo luogo per un aborto farmacologico.
Le quattro cliniche che abbiamo preso in esame, hanno assistito ad un calo dell'80% dei ricorsi all'aborto farmacologico tra il 2010 e il 2014, contro il calo generale del 17% di tutte le interruzioni di gravidanza. Gli aborti farmacologici sono calati da una percentuale del 22% di tutti gli aborti in queste cliniche nel 2010, prima della legge, al 5% dopo la legge nel 2014.
Qualche buona notizia dal fronte federale: le indicazioni del FDA per l'aborto farmacologico sono state adeguate nel marzo 2016 per stare al passo con le ultime linee-guida, in questo modo gli operatori nell'Ohio, così come negli stati del North Dakota e del Texas, che hanno leggi simili, possono ora trattare legalmente le donne con piani terapeutici basati sulle attuali evidenze scientifiche.
Ma finché leggi come quella dell'Ohio resteranno in vigore, questa è una vittoria a breve termine – il regime terapeutico del FDA del 2016 diverrà molto probabilmente obsoleto in un futuro prossimo. Di fatto studi clinici sono al momento in corso per verificare la sicurezza dell'accesso alle farmacie della pillola abortiva e per estenderne l'uso dalla X all'XI settimana di gestazione. Seppure questi studi si dimostreranno positivi, le donne dell'Ohio, North Dakota e Texas non saranno autorizzate dalla legge a disporre dei metodi di cura più aggiornati.
Le affermazioni che le leggi sull'aborto proteggeranno la salute e la sicurezza delle donne lasciano il tempo che trovano. Abbiamo bisogno di ricerche scientifiche che valutino gli attuali effetti di queste leggi sulle donne e sulla loro salute. Se atti legislativi dello stato vogliono creare politiche sull'aborto, esse devono basarsi sull'evidenza scientifica.
Quando la Politica non è basata sulla Scienza, le donne americane ne pagano il prezzo.
di USHMA D. UPADHYAY - Professore associato in Ostetricia, Ginecologia e Scienze della Riproduzione presso l’Università di California, S. Francisco.
The New York Time, 30 Agosto 2016
Traduzione di Marina Del Monte
(**) l'impiego nella pratica clinica di farmaci già registrati ma utilizzati in situazioni che, per patologia, popolazione o posologia vengono prescritte in maniera non conforme allo stesso
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