Aborto: pillola Ru486 nel Lazio senza ricovero. Bene così
Con la delibera regionale la Ru486, la cosiddetta pillola abortiva, potrà essere somministrata senza il ricovero di tre giorni, come stabilito precedentemente dalla giunta Polverini.
La delibera stabilisce per l’aborto farmacologico un protocollo in tre step. Accesso e preospedalizzazione, controllo degli esami e somministrazione della Ru486, infine i controlli clinici. Entro 21 giorni dalla prima somministrazione del farmaco dovrà essere eseguita la visita in ambulatorio, atto finale della procedura.
Soddisfazione è stata espressa dalle associazioni che da anni si battono per l’applicazione della legge 194 e che da subito hanno criticato la decisione della precedente giunta di subordinare la somministrazione del farmaco ai tre giorni di ricovero.
La LAIGA (Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della 194) ha diffuso una nota in cui “apprende con soddisfazione l'approvazione da parte del governatore Zingaretti del protocollo della somministrazione in Day Hospital dell'Ru486. Tale protocollo è stato fortemente voluto dall'associazione tutta e redatto dal gruppo di lavoro regionale composto fra gli altri dai membri dell'Associazione Canitano e Parachini. Questo è un passo importante nel rispetto della vita delle donne e delle loro scelte che ci allinea con il resto d'Europa , e va verso una razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale”.
Soddisfazione espressa anche da Lisa Canitano, presidente dell’Associazione Vita di Donna: “Le linee guida della Regione Lazio per la somministrazione dell'RU486 in Day Hospital mettono fine a una situazione grottesca, quella del ricovero per tre giorni. Solo nel nostro paese è obbligatoria questa procedura che ha nessuna giustificazione sanitaria se non la punizione per le donne e la complicazione per le nostre strutture sanitarie. Ci uniamo all'Associazione LAIGA nel salutare questo protocollo finalmente razionale e in linea con l'Europa, mentre quello, ancora attivo nella maggior parte delle Regioni, non ha nessun significato scientifico, e ci rende lo zimbello di altri paesi. Ci auguriamo che le interferenze confessionali con la medicina possano essere combattute anche in futuro”.
Non c’è bisogno di essere abortisti oltranzisti per salutare con vero favore l’introduzione della pillola abortiva Ru486 anche nel Lazio.
Nei giorni passati il nostro giornale non è stato molto tenero nei confronti del presidente Zingaretti, abbiamo fornito molti esempi di quello che secondo noi dovrebbe e potrebbe essere fatto per far sì che la sanità sia realmente pubblica, a favore dei cittadini e non sprechi risorse continuando a finanziare il settore della medicina privata convezionata.
L’ultimo degli esempi che abbiamo documentato è l’uso scorretto, e contro la legge, che si fa del ricettario bianco fornito da strutture ospedaliere che sono obbligate ad usare il ricettario regionale, ossia quello “rosa”.
O quanto accaduto qualche giorno fa con la signora che al Pronto Soccorso del FateBeneFratelli ha avuto una diagnosi di morte intrauterina fetale, diagnosi che, fortunatamente, e solo grazie all’ostinazione della madre, si è rivelata sbagliata.
In quest’ultima occasione abbiamo scritto che sarebbe importante che “la Regione Lazio stabilisse dei protocolli ai quali tutti si devono attenere - per esempio due ecografie a distanza di 10 giorni in caso di embrione piccolo senza battito - in modo da proteggere i pazienti”.
Oggi salutiamo con piacere la decisione presa dalla Regione Lazio di stabilire le linee guida per la somministrazione della pillola RU486, ponendo fine allo scandalo di una Regione in cui, come accade nella maggioranza delle Regioni italiane, le donne che vogliono abortire sono sempre trattate come colpevoli e per questa ragione vengono frapposti mille ostacoli ai loro diritti.
La Regione Lazio ha stabilito che la pillola RU486 venga somministrata in Day Hospital cancellando la norma che prevedeva che la donna fosse obbligata al ricovero in ospedale per tre giorni, norma che era ed è contro ogni evidenza scientifica.
La legge precedente che ancora ieri la Tarzia continuava ad invocare, nonostante quasi l’80% delle donne che venivano ricoverate in ospedale per assumere la RU486 firmassero per andarsene a casa, ed alle evidenze scientifiche della inutilità del ricovero.
Una norma costruita su basi religiose e non scientifiche, utile solo a punire le donne costrette a pagare la loro decisione con un ricovero coatto e con il completo isolamento nell’ospedale in cui venivano per forza obbligate a ricoverarsi.
Questo è un passo importante nel rispetto della vita delle donne e delle loro scelte che ci allinea finalmente al resto d'Europa e va verso una razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale.
Quindi insieme alla Laiga, alle associazione per e con le donne che da sempre lottano affinché il diritto a decidere sulla propria salute sia rispettato e non vanificato da norme dal sapore confessionale, apprendiamo con soddisfazione del protocollo della somministrazione in Day Hospital dell'Ru486.
Ma il lavoro della Regione Lazio è appena cominciato, resta intatto il problema della disapplicazione della legge 194 in moltissimi ospedali regionali. Ottima questa decisione sulla Ru486, tuttavia la somministrazione del farmaco rientra comunque nell’ambito dell’applicazione della legge. E’ comunque una interruzione di gravidanza e per gli obiettori di coscienza non fa nessuna differenza se questa viene eseguita con il metodo farmacologico o chirurgico.
Aggiornamento della notizia
La decisione di Zingaretti ha ovviamente acceso le polemiche da parte di chi cerca di imporre uno Stato confessionale ai danni di quello laico e della libertà di scelta delle donne. Olimpia Tarzia della Lista Storace e fondatrice del Movimento per la vita ha bocciato la delibera della giunta definendola “una grave forzatura ideologica”. La consigliera regionale ha poi spiegato che “L’aborto chimico non è meno traumatico di quello chirurgico” (noi lasceremmo che fossero le donne a dirlo).
Anche la ex radicale, ex Pdl ora deputata Ncd, Eugenia Roccella, è scesa in campo criticando la delibera regionale. Rammenta che “Il Consiglio superiore di sanità, cioè la massima autorità scientifica italiana nell’ambito della salute, ha espresso ben tre pareri, in anni diversi, in cui si ribadisce che, a tutela della salute della donna, è necessario per chi assume la pillola abortiva un ricovero di tre giorni”.
Peccato che nel resto d’Europa, dove la pillola abortiva viene utilizzata da oltre 20 anni, non sia esattamente così.
di Antonio Luzi
Pubblicato 27/3/2014
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