La chiave per sconfiggere il cancro è nel Dna degli elefanti. Lo studio
In una ricerca pubblicata sulla rivista Journal of American Medical Association (JAMA), gli scienziati dell'Università dello Utah sostengono di aver scoperto il perché della rarità del cancro tra gli elefanti.
Secondo i ricercatori, il motivo risiede nel fatto che le cellule dell'elefante hanno 38 differenti espressioni della proteina TP53, che è stata descritta come il guardiano del genoma, riferendosi al suo ruolo di preservazione della stabilità cellulare attraverso la prevenzione delle mutazioni.
Nell'essere umano ci sono invece solo due espressioni della TP53.
Tra gli elefanti l'indice di mortalità a causa del cancro è inferiore al 5%, mentre nell'uomo si attesta intorno al 25%.
Il rapporto dice anche che gli elefanti hanno un meccanismo più robusto per uccidere le cellule danneggiate e che potrebbero diventare cancerose.
Secondo i ricercatori le cellule d'elefante isolate, quelle danneggiate e quelle precancerose, vengono distrutte ad un tasso doppio di quanto accade alle cellule umane sane.
In linea teorica, dato che in un elefante è presente un numero cento volte maggiore di cellule di quante ce ne siano in un essere umano, sembrerebbe che l'animale abbia 100 volte più probabilità che una cellula danneggiata diventi cancerosa.
Non è questo però quello che realmente accade.
Joshua Schiffman, oncologo pediatrico presso l'Huntsman Cancer Institute presso l'Università di Utah e della School of Medicine, e direttore del Primary Children's Hospital, ha spiegato che" in base ad un ragionamento squisitamente logico, gli elefanti dovrebbero sviluppare un enorme quantità di tumori e, di fatto, dovrebbero oramai essere estinti a causa di un rischio così alto per il cancro".
L'esperto ha poi aggiunto che "noi pensiamo che la multipla espressione del TP53 ha in natura il significato di mantenere in vita questa specie".
Saranno necessari ulteriori studi per determinare se la Tp53 protegge direttamente gli elefanti dal cancro e per verificare la possibilità che in un futuro ancora non prossimo, secondo i ricercatori, da questi studi possa nascere la capacità di produrre nuovi farmaci per combattere il cancro negli esseri umani.
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