Infarto, sopravvivenza complicata
Crescono in Italia i sopravvissuti a un infarto. Negli ultimi anni la mortalità dei connazionali ricoverati per un attacco cardiaco e' scesa dal 7% al 4%, anche perché sempre più spesso il malato arriva in tempo in una struttura specializzata.
"Ma la nuova emergenza riguarda gli 'acciacchi' successivi: un infartuato su quattro sviluppa, spesso dopo poco tempo, un'insufficienza cardiaca, e uno su due una disfunzione della pompa cardiaca. Problemi che affliggono, dunque, tre infartuati su quattro.
A volte anche senza sintomi facilmente individuabili", avverte Francesco Fedele, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic), alla presentazione oggi a Roma del 69.esimo Congresso Sic, in corso nella Capitale.
"Una realtà drammatica, nonostante la buona notizia relativa al fatto che i ricoveri dei pazienti con infarto sono aumentati del 30% in 7 anni: questo vuol dire che ne sfuggono sempre meno", sottolinea il cardiologo.
A questo punto, però, occorre pensare al dopo, "moltiplicando controlli e monitoraggio degli infartuati, anche perché il 15% degli uomini e il 20% delle donne muoiono nel primo anno dopo un attacco cardiaco. Insomma, il post-infarto e' la nuova emergenza". Alla luce dei numeri diffusi oggi, diventa cruciale rivolgersi ai centri specializzati.
"Nelle Unità di terapia intensiva cardiologica la mortalità per infarto e insufficienza cardiaca e' del 10%, contro il 25% registrato in altre divisioni - prosegue Fedele - inoltre nelle Divisioni di cardiologia si effettua il 13% di angioplastiche rispetto al 9% eseguito altrove. Infine l'utilizzo dell'ecocardiografia nel primo caso e' del 90% contro il 37% nelle divisioni non specialistiche.
I controlli sono cruciali in questi pazienti, e al di fuori delle divisioni specializzate l'ecocardiografia e' sottoutilizzata". Ma non e' tutto. Se oggi il problema si intercetta e si tratta meglio, la fase successiva mostra diversi punti deboli.
"Da una ricerca svolta dal Centro studi della Sic su 5 mila persone dopo un infarto, monitorando le ricette compilate dai medici di famiglia in 15 Asl italiane - racconta Raffaele Bugiardini, coordinatore della commissione per il 69esimo Congresso Sic - abbiamo visto che solo 50% dei pazienti a 6 mesi dall'evento prende ancora 4 farmaci salvavita (aspirina, ace-inibitori, betabloccanti e statine).
Gli altri di fatto hanno interrotto le cure, e questo e' gravissimo. Anche perché gli studi hanno dimostrato chiaramente che l'aderenza al trattamento e' cruciale per sopravvivere". Non solo, dallo studio sembra anche che le donne siano meno trattate.
"La loro situazione e' del 30-40% peggiore rispetto agli uomini". Un problema che, sottolinea il cardiologo, deve essere corretto.
Pagina pubblicata il 14 dicembre 2008