In chirurgia si gioca troppo in difesa
Ricoveri inutili, esami superflui, farmaci non necessari, addirittura pazienti difficili 'evitati' per paura.
Il timore di essere trascinati in tribunale dai propri malati o dai loro familiari tiene in ostaggio i camici bianchi italiani.In particolare i chirurghi, il 78% dei quali ammette di avere fatto ricorso alla cosiddetta medicina difensiva per prevenire eventuali contenziosi legali. Lo rileva un'indagine empirica promossa dalla Società italiana di chirurgia (Sic), condotta fra luglio e novembre 2008 su un campione di 307 medici.
La ricerca sarà presentata oggi all'università Cattolica di Milano, durante la tavola rotonda 'Il problema della medicina difensiva e la responsabilità penale nell'attività sanitaria: una proposta di riforma'.
L'appuntamento è dalle 11.30 alle 17.30, nella Sala Negri da Oleggio dell'ateneo di largo Gemelli 1. A organizzare l'incontro è il Centro studi 'Federico Stella' sulla giustizia penale e la politica criminale (Csgp) della Cattolica, che per l'occasione lancia una proposta di riforma legislativa con l'obiettivo di gestire in modo più efficace i contenziosi in ambito sanitario.
Dei 307 chirurghi intervistati - si legge in una nota della Cattolica - l'83% dichiara di avere inserito in cartella clinica annotazioni evitabili; il 69,8% confessa di avere proposto il ricovero di un paziente in ospedale nonostante il malato fosse gestibile ambulatorialmente, e il 61,3% non nasconde di avere prescritto un numero di esami diagnostici maggiore rispetto al necessario.
E ancora. Il 58,6% dei camici bianchi dice di avere fatto ricorso alla consultazione non necessaria di altri specialisti; il 51,5% di avere prescritto farmaci non necessari, e il 26,2% di avere escluso pazienti a rischio da alcuni trattamenti, oltre le normali regole di prudenza.
Quanto alle principali motivazioni che inducono a comportamenti difensivi, l'80,4% del campione intervistato dichiara appunto il timore di un contenzioso medico-legale.
Pagina pubblicata il 04 giugno 2009