Salute: il burqa danneggia la condizione fisica delle donne che lo indossano

Uno studio pubblicato sull? ?American Journal of Clinical Nutrition? un gruppo di ricercatori mediorientali ha rivelato che il burqa provoca una deficienza di vitamina D nelle donne che lo indossano causando, così, gravi conseguenze per la salute. Infatti ha spiegato Hussein Saadi, specialista di medicina interna che ha curato lo studio con i colleghi della United Arab Emirates University in collaborazione con il Cincinnati Children?s Medical Center: ?Quando l?esposizione al sole, la maggior fonte di vitamina D per gli esseri umani, è limitata, sono necessarie dosi molto più alte di supplementi vitaminici, soprattutto nelle donne che allattano?. 

Il ricercatore ha analizzato i livelli di vitamina D in 90 donne durante l?allattamento e in 88 donne che non avevano figli: solo due delle donne in ciascun gruppo non sono risultate al di sotto dei livelli di vitamina D raccomandati. Le donne dovrebbero compensare l?assenza di esposizione al sole con l?assunzione di vitamina D, quindi sono state somministrate dosi giornaliere da 2.000 unità  di vitamina D2 e una dose da 60.000 unità  ogni mese: in entrambi i casi il supplemento vitaminico aveva aumentato i livelli di vitamina D nel sangue, ma alla fine dei tre mesi dell?esperimento solo 21 delle 71 donne e cioè meno di una su tre tra quelle che avevano completato lo studio avevano raggiunto i tassi di vitamina D considerati adeguati.

Questo significa che a meno di non ridurre il tasso di fondamentalismo, abbandonando il velo per qualche decina di minuti al giorno è necessario seguire una cura costante e massiccia nel tentativo di contenere i danni provocati dal velo islamico, infatti, già  quattro anni fa una ricerca condotta in Turchia aveva scoperto che la carenza di vitamina D esponeva le donne velate in quel paese ad un più alto rischio di fratture da osteoporosi.

In queste settimane in libreria troviamo un libro patrocinato da Amnesty International e pubblicato dalle edizioni Donzelli che si intitola proprio ?Burka!? e vuole ricordare le continue vessazioni cui sono sottoposte le donne costrette a indossare il velo. L?opera di Simona Bassano di Tufillo e Jamila Mujahed consiste in una serie di tavole drammaticamente ironiche e in un racconto in prima persona che narra l?angoscia di una donna libera che si trova a fare i conti con le regole dell?Islam talebano.

All?unione di queste due testimonianze si aggiungono le illustrazioni di Simona Bassano di Tufillo, laureata al D.A.M.S. di Bologna e all?Accademia di Belle Arti di Napoli. Jamila Mujahed, giornalista afgana e la presidente di una ong che unisce le donne che lavorano nei mass media, scrive: ?In Afghanistan il burka non costituiva una tradizione culturale predominante: solo una bassa percentuale di donne lo indossava, nei piccoli centri, durante gli anni cinquanta e sessanta, mentre era molto difficile trovare una donna coperta nelle grandi città ?.

L?invasione sovietica e l?emergere della resistenza Mujaheddin hanno cambiato la situazione e l?arrivo al governo dei talebani ha determinato, poi, la vera svolta drammatica. Jamila Mujahed racconta come le rigide regole imposte dagli estremisti escludevano le donne dalla vita del Paese, rendendole vittime invisibili, perché recluse in casa oppure recluse sotto il burqa. La giornalista ricorda diversi esempi come quello di una donna violentemente picchiata in strada con dei bastoni perché il suo burqa era considerato troppo corto e ricorda in prima persona: ?Sentivo che ero costretta ad entrare in una nuova era: il tempo della disgrazia, della discriminazione, dell?abuso e della subalternità , delle prepotenze e della violenza?.

Accanto al dramma delle donne vi sono aspetti grotteschi: ad esempio i fori per gli occhi del burqa sono piccolissimi e le donne hanno molta difficoltà  a vedere, infatti Jamila la prima volta che esce di casa col burka viene investita da un automobilista.

Anche le tavole a colori di Simona Bassano di Tufillo, in arte Sbadituf, usano toni tragicomici e amari per mettere a nudo la violenza che le donne subiscono quotidianamente, come l?immagine di un bambino sperduto in mezzo a dieci donne identicamente coperte da un burqa nero grida terrorizzato ?Mamma?? o la tavola intitolata ?al mare?, dove Sbadituf disegna una medusa che nuota e accanto a lei, straordinariamente simile, una nuotatrice in burka o, ancora, la scena di un gruppo di donne velate che osservano Darth Fener, il personaggio, del film ?Guerre Stellari? e dicono: ?Dev?essere l?ultimo modello?.
(Delt@ Anno V°, N. 149 del 28 Giugno 2007) Lara Lodi 

Pagina pubblicata il 28 giugno 2007

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