Cnr: lungo precariato, cervelli in fuga
Lungo precariato per i ricercatori in scienze della vita. Soprattutto per le donne, ancora più ostacolate sulla strada che le condurrà al sospirato contratto a tempo indeterminato. Sarà forse per via dei tempi biblici, dunque, che il 42 per cento di quelli che hanno meno di 39 anni sta cercando lavoro all'estero.Impegnati in studi di biologia, medicina o genetica, i ricercatori della Penisola lavorano nelle università (71,9 per cento) o in enti di ricerca pubblici (19,9 per cento), sono stati all'estero ma poi rientrati in patria, hanno un'età compresa tra i 40 ed i 49 anni, sono per lo più maschi (73,6 per cento) e abbastanza soddisfatti del proprio lavoro, anche se lamentano l'esiguità dei salari.
A tracciare l'identikit del ricercatore 'eccellente' italiano che opera nelle life sciences è l'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Consiglio nazionale delle ricerche, in un'indagine condotta nell'ambito del progetto Rescar (Researcher's careers).
L'Irpps-Cnr ha preso parte a un'indagine europea sui ricercatori che operano nelle scienze della vita, un campo con un ruolo chiave in settori considerati di grande importanza per lo sviluppo delle scienze tout court, per la crescita economica e per gli sviluppi industriali. Un settore che ha visto aumentare in tutti i Paesi europei sia l'occupazione sia il numero di progetti di ricerca.
"L'analisi si è focalizzata su un target 'alto' - spiega in una nota Sveva Avveduto, dell'Irpps-Cnr che, insieme a Maria Carolina Brandi e Manuela Bussola ha condotto l'indagine - su una fascia di ricercatori esperti, selezionati in base a una eccellente produttività scientifica e tecnologica, misurata dal numero di citazioni e dal numero di brevetti con l'obiettivo di prendere in considerazione tutto lo spettro di questioni che riguardano formazione e carriera, e consentendo di analizzare la loro evoluzione nel tempo".
Complessivamente i ricercatori si dichiarano abbastanza soddisfatti del loro lavoro, anche se lamentano l'esiguità dei salari e la scarso impegno complessivo per la ricerca da parte dei 'datori di lavoro'. "In conclusione - afferma Avveduto - dalla nostra indagine emerge che per i più giovani le prospettive di occupazione oggi invece di aumentare, si riducono: una gran parte di loro, infatti, si rivolge a strutture straniere per trovare un lavoro adeguato alla loro alta qualificazione, impoverendo il Paese di preziosi cervelli".
Per leggere il dettaglio dei dati clicca QUI
Pagina pubblicata il 03 novembre 2008