Sistema ricerca da rifondare
"Non demonizziamo università ed enti. Se il sistema-ricerca non funziona in Italia, la colpa è anche del Paese, che ha voluto questa situazione per anni. Cominciamo a dire no al "posto a vita"istituendo controlli regolari ogni cinque anni per capire se si produce. Altrimenti si va casa".La ricetta arriva da Angelo Vescovi, biologo cellulare dell'Università Milano-Bicocca e dell'Ospedale Niguarda del capoluogo lombardo, a margine dell'incontro organizzato ieri all'Istituto superiore di sanità di Roma per fare il punto sulle sperimentazioni di cellule staminali contro la Sla (sclerosi laterale amiotrofica).
Ricercatore con un passato da precario, "8 anni, di cui i primi 5 gratis", e da cervello in fuga, Vescovi è disincantato quando guarda il panorama italiano. "Da anni in ricerca si investono pochissimi fondi, la dispersione è enorme. E i soldi spesso arrivano anche 10 anni dopo la fine dello studio cui, in teoria, erano destinati", dice all'ADNKRONOS SALUTE.Non solo.
"I precari sono tanti, anche perché i posti nelle strutture pubbliche sono praticamente a vita: una volta dentro non esci più. Sono disponibilissimo a essere valutato ogni cinque anni con criteri meritocratici e, nel caso di fallimento, anche a essere mandato a casa. Con il sistema di oggi, infatti, le strutture invecchiano".
Insomma, il problema non è solo quello dei 'baroni', "che pure ci sono. E' che il sistema è stato costruito male. Dobbiamo aiutare a ricostruirlo in modo razionale", aggiunge lo studioso. "Servono fondi, sennò i cervelli se ne vanno - avverte quindi Vescovi, confessandosi ogni giorno un po' più pentito per essere rientrato - Ma siamo seri: con meno dell'1% del Pil alla ricerca non si può chiedere agli studiosi di far volare le astronavi".
Pagina pubblicata il 01 dicembre 2008