Medici obbligati a denunciare i clandestini
Siamo medici e non spie". Questa la sintesi dell'intendimento delle maggiori sigle sindacali della dirigenza medica che ancora una volta protestano contro l'emendamento leghista. I medici italiani scendono in trincea e fanno sentire la loro voce. Rivendicano il loro ruolo professionale, si appellano al buonsenso dei politici ma, in attesa di segnali, lanciano l'allarme: "Non siamo spie, bisogna bloccare subito l'emendamento della Lega Nord che elimina il principio di non segnalazione degli immigrati clandestini da parte degli operatori del Ssn. Se diventa legge, il camice bianco avrà l'obbligo, e non la possibilità, di segnalare un clandestino che si rivolge per le cure a una struttura sanitaria pubblica, in quanto pubblico ufficiale incaricato di pubblico servizio". A lanciare l'appello sono i sindacati della dirigenza medica e veterinaria del Ssn, riuniti ieri a Roma proprio per spingere il Governo a tornare sui propri passi e bocciare la norma anti-clandestini, contenuta nel Ddl sicurezza. All'incontro hanno preso parte tutte le maggiori sigle sindacali della dirigenza medica: Anaao Assomed, Cimo Asmd, Fp Cgil medici, Aaroi, Fvm, Federazione Cisl medici, Fassid, Fesmed, Federazione medici Uil-Fpl, pronte, se la legge dovesse passare, "ad andare fino alla Corte di giustizia europea, passando per la Corte costituzionale". "Il medico dipendente da enti pubblici o da enti convenzionati con il Ssn - spiega il segretario nazionale Fp Cgil medici, Massimo Cozza - riveste contemporaneamente, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la qualifica di pubblico ufficiale o di pubblico servizio. I medici del servizio sanitario nazionale, in quanto pubblici ufficiali, saranno quindi obbligati a denunciare per iscritto quando avranno notizia della clandestinità, diventato reato perseguibile di ufficio. Chi omette o ritarda di denunciare sarà punito con la multa da 30 a 516 euro. E non va dimenticato che l'obbligatorietà della denuncia non è solo a carico dei medici, ma anche degli infermieri e di tutto il personale della sanità pubblica quando è nell'esercizio delle sue funzioni".Dello stesso avviso anche il presidente dell'Anaao Assomed, Carlo Lusenti, che aggiunge: "se il provvedimento diventasse legge si creerebbe una situazione senza via d'uscita. Il medico che decidesse di non applicare la norma, commetterebbe un reato perseguibile d'ufficio". Un vicolo cieco, dal momento che non sarebbe nemmeno ipotizzabile un ricorso all'obiezione di coscienza. "In linea generale - spiega Lusenti - non è possibile per i medici sollevare obiezione di coscienza, in quanto si può ricorrere a questa prerogativa solo nei casi in cui è espressamente prevista dalla legge, come ad esempio nel caso dell'interruzione volontaria di gravidanza". Per i sindacati, la norma in questione presenta inoltre "un evidente profilo di incostituzionalità", per contrasto con l'articolo 32 della Costituzione, in base al quale la "Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività". Le sigle sindacali passano quindi in rassegna i rischi che potrebbero sorgere nel caso l'emendamento dovesse avere il via libera anche della Camera. "E' facile prevedere - spiegano - che a fronte del rischio concreto di essere denunciati alle autorità giudiziarie, si determinerebbe la marginalizzazione di gran parte dei cittadini extracomunitari i quali sarebbero costretti, in caso di necessità, a ricorrere a un 'sistema sanitario parallelo' privo di regole e controlli, generando situazioni di pericolo per la salute collettiva, basti pensare al mancato monitoraggio delle malattie infettive. Senza contare l'ulteriore aggravio che le rigorose modalità di adempimento dell'obbligo di denuncia comporterebbero per il carico di lavoro del medico".
Critico nei confronti dell'emendamento anche il presidente della Cimo Asmd, Stefano Biasioli, che ribadisce un concetto chiaramente espresso anche sulla locandina della manifestazione: 'non siamo spie', vogliamo fare i medici senza guardare al colore della pelle o alla residenza di una persona". Il numero uno della Cimo si dice però ottimista circa una felice soluzione della questione, escludendo, al momento, la possibilità di proclamare uno sciopero dei camici bianchi. "Credo nella lungimiranza e nel buonsenso dei parlamentari, ma se la proposta avanzata dalla Lega diventerà legge - conclude Biasioli - siamo pronti ad andare fino alla Corte di giustizia europea passando per la Corte costituzionale, pronti ad attivare tutte le linee di ricorso per contrastarne l'applicazione".
Pagina pubblicata il 11 marzo 2009