Progetto per diagnosi precoce artriti
Al via un progetto del ministero del Lavoro, salute a politiche sociali per la diagnosi precoce e corretta delle artriti. Lo ha annunciato Gianfranco Ferraccioli, reumatologo dell'università Cattolica di Roma e coordinatore del progetto, a margine di un seminario sui 'progressi e le promesse' nel trattamento delle malattie infiammatorie ad Amsterdam.
"Il finanziamento è stato appena approvato - spiega - e questo è il primo progetto del genere su queste patologie". In Italia 300 mila persone soffrono di artrite reumatoide, la maggioranza donne. Eppure le artriti sono "la cenerentola della prevenzione e dei budget delle strutture sanitarie, rispetto a oncologia e reumatologia.
Prima di arrivare a una diagnosi corretta della malattia può passare molto tempo, con i pazienti che si rivolgono a specialisti di vario tipo", afferma Ferraccioli. Correggere la rotta è l'obiettivo del progetto, che dovrà definire "i marcatori della malattia e della prognosi". Verranno raccolti i dati di costo-efficacia dei farmaci biologici, armi di ultima generazione contro queste patologie, che colpiscono la molecola responsabile dell'infiammazione.
Armi costose, che non tutti i centri autorizzati a prescriverli possono permettersi per problemi di bugdet. Si punta ad arrivare a un uso corretto ed efficace al massimo di questi farmaci. "Se si interviene tempestivamente, entro 3-6 mesi - assicura il reumatologo - solo il 10% dei pazienti ha bisogno dei biologici. E dopo un certo periodo di tempo, il trattamento potrebbe essere sospeso.
In questo modo si potrebbero dare i farmaci biologici ai malati che ne hanno davvero bisogno, garantendoli a tutti, senza dover 'razionare' le cure come avviene oggi in alcuni centri per motivi di bilancio", sottolinea Ferraccioli, raccomandando, per una diagnosi precoce, di non sottovalutare i 'sintomi civetta': i primi campanelli d'allarme come dolore, astenia, gonfiore alle articolazioni, rigidità mattutina. "Prevenzione e diagnosi precoce non valgono solo per tumori e malattie cardiovascolari", conclude.
Pagina pubblicata il 29 marzo 2009