Non vogliamo un primario obiettore di coscienza al San Camillo, su Fb cresce la protesta
Donne attente e vigili su quello che succede intorno all'aborto. E' sufficiente il timore che al San Camillo di Roma possa arrivare un nuovo primario di ostetricia e ginecologia obiettore per scatenare la mobilitazione su Facebook.
La notizia è apparsa sul Corriere della Sera online, il gruppo prende il nome di "No a un primario obiettore di coscienza al San Camillo". Aperto solo quattro giorni fa ha già superato le 2.500 adesioni e la tendenza non accenna a diminuire.
Per il momento è solo un sospetto, ma per Lisa Canitano, ginecologa e presidente di Vita di Donna Onlus, è sufficiente per avviare su Fb un'alzata di scudi preventiva.
"Per ora si tratta solo di voci – spiega Canitano – ma l'incarico ad un primario obiettore in un ospedale così importante sarebbe davvero una inaccettabile umiliazione. Preferiamo, anzi ci auguriamo, di essere smentite dai fatti".
Quindi il gruppo è stato aperto, e sono molti gli iscritti che commentano l'iniziativa. Scorrendo i post non sfugge una nutrita presenza di uomini. Come Marco che scrive "Obiettate nei vostri studi privati. Negli ospedali pubblici applicate la legge dello stato. Sennò aria!", o Denis che aggiunge: "Io sto con voi e la vostra libertà. Che questo gruppo possa continuare a crescere perché, voi donne, avete il diritto di poter scegliere".
Molti chiedendo di indirizzare una petizione al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. "L'abbiamo preparata", commenta Lisa Canitano, si trova a questo indirizzo.
"Il problema – spiega la ginecologa romana – è anche il livello di assistenza complessiva che si garantisce alle donne e alle coppie. C'è bisogno di accoglienza, professionalità e del massimo della modernità tecnologica nella diagnostica prenatale. Tutte cose che un primario confessionale non può garantire".
Il problema dell'applicazione della legge 194 è tutt'ora vivo. "La legge va ancora difesa con le unghie e con i denti", aggiunge Canitano. Nella sola Regione Lazio ci sono ospedali che non la applicano per mancanza di personale ed altri, nella stessa città di Roma, che viaggiano a scartamento ridotto".
Insomma, è questa la sintesi, da parte delle donne l'attenzione è altissima e questo consente di respingere i periodici attacchi alla Legge.
Ma la battaglia si svolge anche nel Parlamento europeo dove a marzo si affronterà un voto importante, l'approvazione della mozione Tarabella, che difende la libertà delle donne a essere madre e la loro salute.
Anche in questo caso è il timore a dettare l'agenda delle iniziative. Un timore che nasce quando nel dicembre del 2013 la risoluzione presentata dall'eurodeputata socialista Edite Estrela "salute e diritti sessuali e riproduttivi" fu bocciata per soli 7 voti: 334 contro 327. Ebbene, sei di quei voti sono stati di deputati del Partito Democratico.
Così la Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione Legge 194/78) e Vita di Donna Onlus, al grido il Pd non deve tradire le donne, hanno indirizzato una petizione a Matteo Renzi.
IN ARGOMENTO:
L'aborto in Italia, come e dove
23 febbraio 2015