Limiti del diritto di curare
Al medico "non è attribuibile un generale diritto di curare".
Lo sottolinea la Cassazione secondo la quale se si prescindesse da questa considerazione "non avrebbe alcun rilievo la volontà dell'ammalato, che si troverebbe in una posizione di soggezione su cui il medico potrebbe ad libitum intervenire, con il solo limite della propria coscienza".
Con una sentenza della Quarta sezione penale, la Suprema Corte rileva che al medico deve essere riconosciuta "la facoltà o la potestà di curare, situazioni soggettive, queste, derivanti dall'abilitazione all'esercizio della professione sanitaria, le quali, tuttavia, per potersi estrinsecare abbisognano, di regola, del consenso della persona che al trattamento sanitario deve sottoporsi".
A spingere la Cassazione a chiarire che non esiste per il medico un "diritto generale" di cura, il ricorso presentato da un chirurgo della casa di cura San Gaudenzio di Novara, Napoleone Franco G., condannato a 200 euro di multa per lesioni personali colpose ai danni di Salvatore P. ricoverato presso la clinica in seguito alla comparsa di una lombalgia con irradiazione dolorosa all'arto inferiore destro.
Il paziente - ricostruisce la sentenza 45126 di piazza Cavour - il 15 gennaio del 2001 aveva dato il 'consenso informato' all'intervento chirurgico ma non vi era traccia di un ok anche a eventuali rischi operatori.
In seguito all'intervento chirurgico, il paziente ebbe dei postumi invalidanti. Il chirurgo è stato querelato e la Corte d'appello di Torino, lo scorso aprile, lo ha condannato per lesioni colpose
Pagina pubblicata il 04 dicembre 2008