Tumore del fegato: la terapia si fa "su misura"
La possibilità di individuare i pazienti in fase precoce e di selezionarli in base al trattamento più efficace ha cambiato la storia clinica dei malati di tumore al fegato.
Questo secondo quanto emerso a Milano, in occasione della presentazione del volume "Il carcinoma epatocellulare" (edizione Elsevier) che ha visto riuniti alcuni tra i più illustri oncologi ed epatologi italiani.
"Applicando criteri di stadiazione che hanno valore prognostico, possiamo indirizzare il paziente al trattamento migliore" afferma Massimo Colombo, direttore della divisione di Gastroenterologia 1, Fondazione Irccs Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano.
"Esiste, inoltre, un consistente numero di casi in cui l'evoluzione del tumore impone scelte terapeutiche aggiornate di volta in volta: si inizia con un trattamento ablativo loco regionale o di contenimento, per procedere ad approcci chirurgici, e infine, se la risposta non è soddisfacente, al trattamento medico".
Proprio sul fronte del trattamento medico, le terapie biologiche danno oggi maggiori speranze a chi sinora non aveva alcuna possibilità di cura.
"I dati ottenuti con sorafenib, hanno aperto un nuovo filone di ricerca e di interesse clinico nel trattamento del carcinoma epatocellulare in fase avanzata" afferma Armando Santoro, direttore del dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell'Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Mi).
"Il farmaco, infatti, ha dimostrato di migliorare in modo significativo la sopravvivenza di pazienti che fino a pochi anni fa erano trattati esclusivamente con terapie palliative" (N.M.).
Per approfondire:
Epatite A, B e C. Sintomi, diagnosi e cura
Pagina pubblicata il 12 ottobre 2009