I comportamenti influenzano l'evoluzione

Potere del comportamento. "Il ruolo dei comportamenti è fondamentale: sono in grado di cambiare alcune delle condizioni su cui si esercita la selezione naturale"

Lo sostiene il noto genetista italiano Luca Cavalli Sforza, che ha insegnato per 35 anni alla prestigiosa Stanford University negli Usa, e aprirà il Congresso della Società italiana di psiconeuroendocrinoimmunologia (Sipnei), in programma a Roma dal 24 al 26 ottobre, con una lezione magistrale su 'Geni e cultura: il ruolo dei comportamenti nell'evoluzione umana'.

L'esempio più noto riguarda il gene che comanda la produzione dell'enzima che digerisce il lattosio. È noto che soprattutto in Italia centro-meridionale molte persone sono intolleranti al lattosio, accusando numerosi disturbi. Il fatto è che nell'uomo, come in tutti i mammiferi, dopo il secondo anno di vita il gene smette di funzionare: l'enzima non viene più prodotto e il lattosio non viene digerito.

Ma noi sappiamo che, per esempio, quasi il 100 per cento degli abitanti della penisola scandinava ha l'enzima attivo anche in età adulta. "Questa circostanza è il frutto di una o più mutazioni in punti particolari del genoma che hanno consentito, in un'epoca relativamente antica (circa 13.000 anni fa) e in territori con scarsità cibo, di nutrirsi da un'abbondante fonte di calorie e nutrienti come il latte", spiega Cavalli Sforza in una nota.

"Questo dimostra - conclude lo scienziato - la validità della teoria della selezione naturale (solo gli individui con la mutazione favorevole sono sopravvissuti in ambienti con scarsità di cibo e abbondanza di latte) e anche che un comportamento (decidere di consumare il latte degli animali allevati) può dirigere l'evoluzione biologica".

Ma al Congresso si parlerà anche di altri temi. Ad esempio, recentemente un gruppo di psichiatri dell'Università del Maryland a Baltimora, coordinati da Teodor T. Postolache, ha pubblicato su 'Current Treatment Options Neurology' studi che legano la depressione all'allergia stagionale. "Questi lavori - spiega Francesco Bottaccioli, responsabile del programma scientifico del congresso - dimostrano che un'infiammazione periferica, causata da un'allergia, può immettere in circolazione le citochine, sostanze infiammatorie prodotte dal sistema immunitario attivato dall'allergia stessa, che raggiungono il cervello e incrementano l'umor nero".

A un aggiornamento degli studi sull'infiammazione e dei suoi rapporti con il cervello (sonno compreso) è dedicata una sessione del Congresso. Tra i relatori presenti all'incontro romano anche Pier Luigi Luisi, biofisico dell'università di Roma Tre; Massimo Biondi, psichiatra della Sapienza di Roma; Marcello Buiatti, genetista dell'Università di Firenze, e Claudio Franceschi, immunologo dell'Università di Bologna e studioso di genetica dell'invecchiamento.

Pagina pubblicata il 13 ottobre 2008

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