Le bugie lasciano traccia nel cervello, l'impronta digitale della menzogna
Se una persona dice una bugia resta una traccia nel suo cervello? Risposta affermativa, secondo una ricerca pubblicata su Plos One, condotta dal Dipartimento di psicologia dell'Università di Milano-Bicocca.
Secondo lo studio, alla bugia corrisponde l'attivazione di specifiche aree del cervello di chi mente.
Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno misurato le variazioni dell'attività elettrica che si producono quando un individuo dice una bugia.
Un'attività elettrica che varia proprio nelle regioni del cervello che si attivano maggiormente nel rispondere alle minacce esterne, il frontale e pre-frontale dell'emisfero sinistro e la corteccia cingolata anteriore.
La tecnica utilizzata è quella dell'elettrofisiologia cognitiva, una branca della fisiologia che ha come studio il funzionamento dell'organismo dal punto di vista elettrico.
Montando elettrodi ad alta densità è possibile eseguire uno studio non-invasivo delle dinamiche di attivazione dei sistemi funzionali del cervello, in relazione ai processi mentali senso-percettivi, emozionali e cognitivi.
Alice Proverbio, che ha diretto lo studio, ha spiegato che "si può vedere come reagisce il cervello di una persona quando riconosce qualcosa di familiare" ma, è anche possibile individuare il momento in cui il soggetto sta mentendo.
A rivelare la menzogna, infatti, è una "risposta bioelettrica inconfondibile, chiamata N400, che riflette il tentativo di sopprimere l'informazione riconosciuta come vera''. Insomma, è come lasciare un'impronta digitale.
Ed è quello che è stato verificato conducendo dei test su 25 volontari a cui è stato chiesto di rispondere, alla metà delle domande poste, con una bugia.
Sul principio che la menzogna produce effetti secondari fisiologici è basata, invece, la macchina della verità. Un poligrafo che, mentre la persona risponde alle domande, misura e registra su un tracciato diverse risposte fisiologiche di un individuo come, ad esempio, pressione del sangue, il polso e la respirazione.
Secondo gli esperti, è necessario però che l'interrogato abbia la consapevolezza di mentire. Infatti, una risposta, anche se oggettivamente falsa, ma ritenuta vera dal soggetto, non induce la reazione di stress necessaria a produrre i cambiamenti fisiologici rilevati dalla macchina.
L'elettrofisiologia cognitiva è invece "molto più affidabile - spiega Proverbio - perché misura l'attività mentale attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali".
IN ARGOMENTO:
Bugiardi attenti, mentire fa male alla salute
8 giugno 2013