Scavalcata la legge 40, il giudice: diagnosi preimpianto per coppie fertili a spese del Ssn
La decisione assunta dal Tribunale di Roma che autorizza una coppia di coniugi, portatrice sana di fibrosi cistica, a fare ricorso alla fecondazione assistita ed obbliga inoltre il Servizio Sanitario Nazionale a farsi carico dell'effettuazione della diagnosi preimpianto, è una decisione che passerà alla storia.
E' una sentenza storica ed importantissima che applica direttamente un'altrettanto importante decisione della Corte Europea e la fa applicare prima che lo stesso Parlamento si decida a modificare la legge in base a quanto richiesto dalla sentenza europea.
La legge 40 pubblicata sulla gazzetta ufficiale a nel Febbraio 2004 suscitò grandi dibattiti e forti perplessità legate soprattutto al primo articolo che definiva le finalità della legge stessa.
In questo primo articolo si diceva che le procedure per la fecondazione assistita erano quelle di "favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana", reiterando nel secondo comma che la "procreazione medicalmente assistita è consentita qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità".
In altre parole, l'accesso alla fecondazione assistita era permesso solo per le coppie sterili o affette da infertilità e di conseguenza la possibilità di effettuare una diagnosi preimpianto, era permessa solo ai soggetti definiti dall'articolo, negandolo a tutti gli altri soggetti come ad esempio i portatori di malattie genetiche
Sin dal primo momento questa legge sembrò a gran parte del mondo laico il solito pateracchio italiano che tentava di limitare la libertà delle coppie sulla base di motivazioni religiose e che creava una assurda differenza di diritti fra chi volesse un figlio perché sterile o chi volesse avere un figlio sano o portatore sano e non malato, e quindi con una vita di fronte piena di problemi.
Di fronte a questa palesa situazione di negazione di diritti ed alla stupidaggine di una legge che creava categorie di cittadini disuguali, molte coppie, affette da problemi genetici o che avevano già avuto un figlio nato con una malattia genetica, hanno fatto ricorso alla Corte europea per i diritti umani di Strasburgo.
La Corte una prima volta bocciò la legge 40 e poi successivamente, nel mese di febbraio reiterò la sua decisione bocciando il ricorso dell'Italia, sancendo "l'incoerenza del sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto".
Ora per la prima volta un giudice italiano applica direttamente una sentenza della Corte di Strasburgo, senza dover attendere che il nostro Parlamento modifichi la legge in base alla sentenza europea, riconoscendo in questo modo il diritto di una coppia di coniugi, a veder riconosciuto un diritto ed obbligando il SSN ad effettuare la diagnosi preimpianto.
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27 settembre 2013