Il taglio cesareo non riduce il rischio di paralisi cerebrale nel neonato, cade un alibi.

Il taglio cesareo non abbassa il rischio di paralisi cerebrale nel neonato, lo rivela uno studio pubblicato sull'autorevole rivista Obstetrics & Gynecology.

E' quello che si è sempre creduto, e forse è stato in parte l'alibi per praticare quella quantità di tagli cesarei inutili che vengono eseguiti anche nelle nostre strutture sanitarie.

Ma ora a fare chiarezza è la ricerca eseguita dagli scienziati australiani del Gruppo di Ricerca sulla Paralisi Cerebrale dell'Università di Adelaide.

Il taglio cesareo, che sia programmato o eseguito d'urgenza, non riduce l'incidenza della paralisi cerebrale nel neonato.

Lo studio è di tutto rispetto per quanta riguarda il numero di casi, ed è una revisione e meta-analisi delle ricerche eseguite su oltre 3800 casi di paralisi cerebrale e quasi 1,7 milioni di nati sani.

I dati rivelano che tra il tipo di parto, sia naturale che cesareo, e il numero di neonati con paralisi cerebrale non esiste alcun legame.

Il ritenere, finora, che la causa della sofferenza cerebrale fosse riconducibile ad un deficit di ossigeno durante le fasi del parto vaginale, non trova nessuna conferma nella review portata a termine.

I ricercatori ipotizzano, invece, che sia plausibile che le cause della paralisi cerebrale infantile siano da imputare a condizioni infettive o genetiche.

Insomma, il rischio non si riduce. Infatti gli scienziati spiegano che il ricorso al taglio cesareo è aumentato in maniera esponenziale. In Australia, ad esempio, in 40 anni è passato dal 5% al 33%, aumentando di sei volte.

Nonostante l'aumento, spiegano i ricercatori, l'incidenza degli eventi di paralisi cerebrale non si è mai mossa dal 2-2,5 ogni 1000 nascite.

Secondo i dati Istat la percentuale media di tagli cesarei eseguiti in Italia è passata dall'11,2% del 1980 al 30-33% . Ci sono realtà, soprattutto al Sud, dove si arriva addirittura intorno al 50%.

Si tratta di dati preoccupanti che mettono l'Italia al primo posto in Europa per numero di cesarei.

Questa lenta e progressiva trasformazione dell'assistenza alla nascita in una medicalizzazione senza freni ha un costo enorme e pochi vantaggi per il bambino che, al contrario, può subire effetti negativi a lungo termine, oltre al rischio più alto di mortalità materna.

A titolo di cronaca, l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stabilisce il tetto massimo di tagli cesarei che non deve superare il 10-15%, soglia che in Italia è stata più che raddoppiata.

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