Komen e Policlinico Gemelli al carcere di Rebibbia. Perché non ci piace?
Festa di novembre, la Komen Italia, il cui presidente è anche direttore dell'U.O. di Chirurgia Senologica del Gemelli, in collaborazione con la Asl Roma B, entra nel carcere di Rebibbia per fare ecografie alle donne sotto i quarant'anni e mammografie a quelle più grandi, con apparecchi portatili perché si sa che le detenute non possono uscire.
Allora facciamoci una serie di domande.
Chi ha deciso che l'ecografia sotto ai quarant'anni è un efficace mezzo di screening per il carcinoma della mammella? e allora perché no l'ecografia al pancreas? perché no la risonanza magnetica al cervello?
Venghino signori, venghino al consumismo sanitario... e se serve davvero perché nella Regione Lazio non si trova da fare se non dopo otto mesi? perché non chiamiamo le donne a farla? Bisogna fare chiarezza, direi... o serve, e fa bene la Komen con il Gemelli a farla, oppure non serve e allora non si vede perché la debbano fare le detenute di Rebibbia, caricandosi dello stress inutile di esami che non hanno dimostrato nessuna utilità.
Chi ha deciso che si deve cominciare ad eseguire la mammografia a quarant'anni? e che intervallo pensano di dare? ogni 12 mesi, come fanno tutti i radiologi? due anni, l'intervallo di screening? Ma ovviamente lo screening qui non c'entra niente... si fanno tante chiacchiere sulla necessità di applicare lo screening e poi si appalta a un privato, onlus, ma privato, legato a un Policlinico religioso, la prevenzione in carcere.
La sanità penitenziaria non è affidata alla carità dei preti o di altri benefattori occasionali ma alle ASL, il servizio pubblico. Perché la ASL Roma B non è in grado di effettuare lo screening per la mammella nel carcere di Rebibbia? È suo preciso dovere. Perché non ha soldi? e la Komen con il progetto Marabotto vengono a Rebibbia completamente gratis insieme alla Caritas? Davvero non ci costa niente? La Caritas è comunque uno dei principali destinatari dei fondi pubblici destinati al contrasto della povertà, non vive certo di sole elemosine.
Nel 2014 la Corte dei Conti ha rilevato che i fondi destinati alle religioni sono "gli unici che, nell'attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati". "Nel corso del tempo, il flusso di denaro di è rivelato così consistente da garantire l'utilizzo di ingenti somme per finalità diverse", dando così vita "a un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana".
E così, mentre Zingaretti inaugura Pronti Soccorsi non finiti con i malati stipati dietro la parete perché le foto vengano bene, non si ferma la restituzione alla Chiesa della nostra sanità pubblica (e della nostra scuola) come già pronosticato da Moratti quando tolse la parola "pubblica" dal Ministero dell'istruzione nella generale indifferenza, dicendo "è ora di finirla con queste istituzioni napoleoniche".
Noi pensiamo con solidarietà alle donne di Rebibbia, alle più giovani, e alla marea di ansia e dolore che riceveranno senza che la loro condizione sanitaria ne tragga giovamento.
Temiamo le pratiche sanitarie che non hanno nessun riscontro nelle linee guida internazionali e servono solo a mantenere sé stesse, e in questo caso la sanità religiosa, a scapito della nostra sanità, di quella pubblica, quella dei cittadini.
Possiamo fare pochissimo. Ma possiamo raccontarlo.
Lisa Canitano
8 dicembre 2015