Perché siamo contrari alla sanità integrativa e alle assicurazioni?
Perché siamo contrari alla sanità integrativa e alle assicurazioni? Perché non ci piace Landini quando firma sorridente il contratto dei metalmeccanici? Ci sarà un motivo.
Come lo spieghiamo ai pazienti che arrivano orgogliosi mostrando un referto medico e che con soddisfazione dicono: "non ho pagato niente"?. Cosa gli rispondiamo? Questa qui è robaccia e adesso la rifacciamo.
Dobbiamo tenere alto il livello del dibattito sulla qualità del nostro Servizio Sanitario, perché il danno che noi facciamo con la fabbrica delle prestazioni non è solo il danno dell’attesa. Perché quella delle liste di attesa è facile propaganda ed è una porta aperta alla sanità integrativa.
Ricordo che facciamo più TAC noi in Italia che in Francia, Inghilterra e Germania. Abbiamo già una quantità di prestazioni elevata ma abbiamo perso la percezione della qualità di quello che offriamo.
Questo stato di fatto attiene a due cause, la prima è la trasformazione della sanità in un business in cui tutti chiedono la loro fetta. Ma il business non va d’accordo con la qualità della prestazione.
L’altra faccia della medaglia è il precariato sanitario. Perché non è soltanto un dolore e una vessazione per chi lavora, ma è un danno impensabile alla qualità di quello che forniamo perché la medicina è fatta di lavoro di equipe, di aggiornamento, di cultura sanitaria e di lavorare insieme.
Nei nostri pronto soccorso abbiamo lavoratori con contratto di 10 giorni, come possiamo pensare di fare cultura sanitaria in un posto di lavoro in cui la gente va e viene?
Il nostro 118 sta organizzando corsi di ecografia in ambulanza per gli operatori dell’emergenza, peccato che abbiamo appaltato al privato la metà delle nostre ambulanze grazie al presidente Zingaretti.
Chi sono questi operatori, come vengono assunti, che contratti hanno, lo fanno l’aggiornamento? Si iscrivono a questi corsi? Noi non sappiamo nulla. Chi ci sarà quando verrà a soccorrerci un’ambulanza? Noi possiamo controllare gli operatori del 118, ma gli altri?
Quando noi appaltiamo non sappiamo chi c’è dall’altra parte, non controlliamo. Il dover fare profitto è il vero nemico, quindi quell’operatore dovrà fare i conti con le aspettative del suo padrone, che in altri casi vuol dire che: se il tuo ambulatorio non genera abbastanza profitto per il nostro Istituto tu te ne vai a casa. Questo è il criterio che quel sanitario - che non ha trovato lavoro nostra sanità pubblica - sarà costretto a subire, altrimenti non lavora.
Quindi l’interesse economico e il precariato danneggiano la qualità della nostra medicina.
Noi possiamo fare migliaia di esami, anche tutti in giornata, requisiamo le caserme e le riempiamo di ecografi per abbattere le liste d’attesa, ma questo non fa la salute dei nostri cittadini, anzi questo uccidere la gente.
Faccio qualche esempio: le gravidanze a basso rischio. Noi eseguiamo una quantità esagerata di esami inutili per le gravidanze a basso rischio, migliaia di esami negli ospedali cattolici, quelli che il nostro presidente Zingaretti definisce di eccellenza perché sono meglio della sanità pubblica, perché fanno più esami e accertamenti. Il risultato è che seguiamo male le gravidanze ad alto rischio, perché queste necessitano di servizi di alta specializzazione e non di ginecologi che si portano le donne allo studio privato.
Quando io sento una donna che mi dice: sono stata due volte in patologia ostetrica, non ho trovato posto, mi vede nel pomeriggio il professore a studio per 200 euro, io penso che ci sia qualcosa che non va.
E queste cose noi le sappiamo.
Un altro esempio pratico: sanguinamento anomalo della signora adulta. Nei paesi - che non sono così preda della fame di profitto sulla salute dei cittadini - esistono degli ambulatori appositi dove la signora va per il sanguinamento anomalo. In questi presidi sanitari la signora fa un’ecografia, un’isteroscopia, una terapia, un controllo. Si tratta di servizi altamente specializzati in cui medici che ci lavorano vanno a congressi, aggiornamenti, si informano.
Che facciamo noi invece? Noi le prescriviamo un’ecografia. La signora va in un qualunque ambulatorio convenzionato dove gliela fa un radiologo che non ha nessuna competenza sulla patologia ginecologica. Torna con questo pezzo di carta totalmente inutilizzabile perché non sappiamo cosa il medico abbia detto o perché l’abbia detto.
La medicina è una cosa complessa, è come una rosa è una rosa, quindi un esame è un esame… assolutamente no! Un esame, un accertamento fatto in abbattimento delle liste di attesa - non si sa dove, non si sa perché e non si sa con chi - non è un esame, è un gesto inutile e pericoloso per quel paziente perché la qualità non è sufficiente.
Abbiamo bisogno di lavorare insieme, chi opera ha bisogno di sapere chi fa l’ecografia di controllo, ha bisogno di parlare con quello che fa la TAC e quello che fa la TAC ha bisogno di parlare con il chirurgo. Se noi inscatoliamo tutto in un prestazionificio, avendo come unico obiettivo la riduzione della lista di attesa per far contenti gli iscritti o gli elettori, si tratta solo di propaganda.
Quando poi si dice: non avevamo altro da dare ai nostri iscritti, rispondo che gli avete dato una fregatura, non è che non avevate altro da dare. O meglio, non avendo il coraggio di riprendere in mano il fatto che la sanità non può essere un business gli avete dato una fregatura.
Altro esempio: l’Ambulatorio per malattie a trasmissione sessuale. In tutti i paesi civili esistono ambulatori per le malattie del basso tratto genitale senza prendere appuntamento. Nel nostro paese ce ne sono quattro in Piemonte, e comunque bisogna mettersi in fila alle sei del mattino. Però parliamo dell’Hiv, andiamo nelle scuole, facciamo dei bellissimi bandi di finanziamento a qualche associazione interessantissima che va nelle scuole… ma gli ambulatori senza appuntamento non li apriamo. Noi non facciamo nessun gesto pratico che sostenga un’offerta di qualità.
Mi dispiace che la presidente dei Cinque Stelle non ci sia, io ho scritto alla ministra Grillo, le ho proposto di aprire ambulatori sperimentali sul piano nazionale, di percorso, tematici, uno per regione, di trasmissione sessuale e di sanguinamento anomalo. Questo è per quanto riguarda la mia specializzazione, ma so che gli altri colleghi sanno queste cose per la loro specialità.
La ministra è stata molto carina, mi ha fatto telefonare, ma poi giorno dopo ha detto: abbattiamo le liste d’attesa.
Per finire, se noi non rilanciamo il problema della cultura sanitaria e della medicina di alta qualità, avendo chiaro perché non vogliamo le assicurazioni e non vogliamo l’integrativa, il nostro discorso è debole perché la gente non ci capisce.
Quello che abbiamo bisogno di fare, quando lo raccontiamo, è anche provare a prevenire. Quelli che di noi lavorano hanno il dovere di raccontare, altrimenti va bene tutto (io sto zitto). Ognuno di noi è un pochino connivente con questa brutta sanità che sta crescendo.
Credo che ci si debba prendere la responsabilità di raccontare di nuovo, per i pazienti, per i cittadini e per gli operatori sanitari, che la sanità non può essere né business, né precariato, né fabbrica di prestazioni.
Chiudo con due battute. La prima, che la parola d’ordine dell’abbattimento liste d’attesa sia la cosa che più ci ha fatto danno. Abbiamo bisogno di medicina clinica.
L’altra, è quando si dice: si curano solo i ricchi, rispondo: vengono torturati i ricchi. Perché noi sappiamo benissimo che la medicina assicurativa quando è ricca produce prestazioni inutili. La prima cosa che un paziente assicurato fa è quella di stare zitto, perché sa che raccontare di essere assicurato peggiora la qualità della prestazione che riceve.
Quindi, due sono le parole d’ordine: abbattimento liste d’attesa e solo i ricchi si curano. Noi dobbiamo chiedere qualità della medicina ed avere il coraggio di spiegarlo alla nostra gente per non passargli una fregatura.
Di Elisabetta Canitano. Intervento in occasione del convegno "Più privato in sanità? No, grazie!", organizzato dal Forum per il Diritto alla Salute. Camera dei Deputati, 28 novembre 2018. Guarda il video
8 dicembre 2018